L’argomento portante che si svilupperà in due video tratta La premonizione del dolore , l’anti-provvidenza narrazione teatrale di Giovanni Lauricella, da cui l’opera drammatica in due atti dei Poeti dell’Apocalisse, interpretata dall’attrice Chiara Pavoni.
Il video si apre evocando il concetto del dolore, simboleggiato dalla statua di Davide Calandra intitolata Il Dolore, che funge da punto di partenza per la narrazione.

L’opera di Calandra trae ispirazione da una scultura precedente, anch’essa denominata Il Dolore, realizzata da Edoardo Marsili. Quest’ultima divenne celebre grazie alla sua presentazione alla prima Biennale di Venezia del 1895, un evento artistico destinato a diventare il più significativo a livello mondiale, ruolo che mantiene tutt’oggi.

È curioso che un tema come il dolore sia stato scelto per inaugurare una tra le più importanti manifestazioni artistiche del pianeta, ospitata in una città iconica e internazionale come Venezia. Ancora più sorprendente è il fatto che critici e studiosi dell’arte non abbiano approfondito il messaggio sotteso a questa rappresentazione scultorea. Il dolore, tema prescelto, sembra riflettere lo stato d’animo dell’Italia post-unificazione. Il paese, unito da poco, affrontava numerosi problemi, accompagnati da malcontento e tensioni sociali che culminarono nell’assassinio di Umberto I a Monza il 29 luglio 1900, avvenimento che seguì due precedenti tentativi di attentato nel 1897 e nel 1878. Questi eventi testimoniano la forte instabilità sociale del periodo. Non è un caso, quindi, che l’immagine del dolore ritorni nell’opera equestre dedicata a Umberto I, concepita da Davide Calandra nel 1914. Tuttavia, l’artista non poté completarla per via della sua scomparsa nel 1915. La statua fu poi portata a termine da Edoardo Rubino e inaugurata nel 1926, dodici anni dopo.
Probabilmente il legame che aveva con l’uccisione di re Umberto I fu la ragione che mise tale opera nel dimenticatoio anche se per noi rimangono ancora validi gli altri aspetti sociali non affatto trascurabili che la statua voleva significare.
Questa vicenda simbolizza un’Italia attraversata da un periodo buio e drammatico, che può essere visto come eco di altri momenti successivi altrettanto difficili, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Anche oggi, infatti, il paese vive sfide complesse legate a conflitti internazionali e problematiche di incerta risoluzione.
I Poeti dell’Apocalisse
Come abbiamo detto ci interessa l’aspetto “buio” che rappresenta la statua, il buio e il dolore che si vuole traferire alle tematiche attuali che angosciano il mondo.
L’uomo vive immerso nell’incertezza del futuro, con il timore costante di ciò che potrebbe accadere. Gli eventi all’orizzonte non portano rassicurazioni, ma indicazioni che lasciano presagire scenari spesso dolorosi. In risposta, cresce l’aspirazione a raggiungere un benessere duraturo, un desiderio che rivela una preoccupazione sempre più marcata per la qualità e la durata della vita. Si moltiplicano gli sforzi per mantenersi in salute e prolungare l’esistenza, superando di gran lunga le aspettative delle generazioni precedenti. L’idea di vivere fino a 120 anni non appare più una fantasia irraggiungibile, ma un obiettivo reso plausibile dagli incredibili progressi della medicina. Parallelamente al desiderio di longevità, si assiste a una vera e propria ossessione per la bellezza. L’eterno desiderio di sfidare l’invecchiamento non si limita più solo agli anni avanzati: persino i giovani rincorrono ideali di perfezione estetica. Nonostante non esista alcun testo ufficiale a definire regole universali dell’estetica, i canoni da seguire sembrano universalmente accettati. Interventi chirurgici, diete ferree e intense routine di allenamento sono ormai parte integrante della vita quotidiana di moltissime persone. Ed è qui che si palesa un paradosso inquietante: una società che rincorre la salute e il benessere finisce per imporre a se stessa rischi considerevoli attraverso cure e abusi che mettono in gioco la vita stessa. Potremmo definire tutto questo una sorta di sacrificio collettivo sull’altare della bellezza, un vero tributo alla perfezione. Basta pensare alle numerosissime persone che hanno subito gravi danni fisici o mentali nel tentativo di cambiare il proprio aspetto, passando dai risultati disastrosi alla perenne insoddisfazione. Se fossero raccolti dati precisi su morti e feriti causati da questi fenomeni, ci renderemmo conto che i numeri si avvicinano a quelli di veri e propri conflitti. Tale situazione non è altro che il segnale di un disagio profondo, parte di un vuoto esistenziale che potremmo considerare filosofico. È curioso osservare come oggi il termine filosofia sembri a molti un concetto desueto, privo di rilevanza pratica, quasi fosse una favola per l’infanzia. Eppure, ciò che manca davvero nella nostra epoca è proprio un pensiero filosofico autentico, capace di offrire una guida concreta e lenire quel senso di disorientamento che tutti percepiamo sia interiormente che nella società. In passato, sebbene limitati tecnologicamente e scientificamente, trovavamo conforto nelle certezze offerte da religioni e sistemi filosofici. Oggi, pur avendo accesso a conoscenze più vaste e approfondite, ci troviamo in una condizione di maggiore aridità interiore. Le università, disseminate in tutto il mondo, producono a ciclo continuo intellettuali e teorici del pensiero, ma le molte parole non si traducono concretamente in qualcosa di utile per l’umanità. Questo problema non riguarda soltanto la filosofia accademica: coinvolge anche discipline come la psicologia, la sociologia, la letteratura e molte altre. A rendere il quadro ancora più intricato è la mole di contenuti che ogni giorno invade il panorama moderno: divulgatori, libri, istituzioni, associazioni e l’irrefrenabile flusso informativo veicolato dal web finiscono per creare un rumore di sottofondo assordante. Paradossalmente, nonostante questa sovrabbondanza di messaggi e informazioni, ci ritroviamo immersi in una profonda oscurità priva di certezze reali. Le uniche verità che sembrano emergere sono spesso strumentalizzate: strumenti di manipolazione dietro cui si celano logiche di potere, dalla mercificazione sfrenata fino ai controlli autoritari esercitati dai regimi o dalle ideologie religiose più retrograde.
L’anti provvidenza
Non intendo soffermarmi sul tema della religione, anzi la escludo, ma desidero affrontare una condizione di estrema disperazione. Intendo usare il termine “anti-provvidenza” per definire un disagio profondo, quella sensazione in cui ogni forma di fiducia si sgretola, non solo verso se stessi, ma anche nei confronti del mondo intero. Si tratta di uno stato che cancella ogni speranza, persino quella legata alle più improbabili coincidenze fortunate. Questo abisso trascina con sé la più oscura angoscia, quella che conduce al pensiero della fine assoluta. Nella tragedia che ho voluto richiamare, assume la forma dell’Apocalisse, culminando nel tormento supremo: il Castigo finale. Esiste un monito più incisivo di questo? Quale minaccia potrebbe incombere su di noi in modo più terrificante? Approfondire questa consapevolezza è possibile solo esplorando le profondità del male e della distruzione.

Le patologie insite ai concetti di previsioni negative
Sembrerà strano dirlo ma è una forma di prevenzione/sicurezza che è molto diffusa.

Mettersi costantemente alla prova può farci cadere nella trappola della profezia auto-avverante. In psicologia, questo termine indica una previsione che si realizza proprio perché viene formulata, anche in assenza di reali presupposti per quel risultato. Chi soffre della sindrome di Cassandra spesso commette errori proprio perché si aspetta di sbagliare, creando un circolo vizioso con le proprie aspettative. Da un punto di vista psicologico, questa dinamica può essere vista come una forma di mania o necessità di controllo. L’idea di lasciarsi andare alla felicità o di abbracciare un lieto fine comporta il rischio di dover affrontare poi un evento negativo, con conseguenze emotive spesso difficili da tollerare. Di conseguenza, immaginare costantemente scenari negativi diventa una strategia inconscia per sentirsi preparati nell’eventualità che le cose vadano male. Questa sindrome si manifesta frequentemente anche nei rapporti sentimentali. La paura che accada qualcosa di spiacevole e la convinzione di non essere meritevoli di amore o stima influenzano profondamente le relazioni. Come osservato dalla psicoanalista Laurie Layton Schapira, chi vive questa condizione tende a comportarsi con gelosia e ad instaurare relazioni tossiche caratterizzate da una marcata distanza emotiva. Non è raro che scelga partner appartenenti al cosiddetto Archetipo di Apollo, il quale riflette e alimenta l’idea di non avere valore.
Le ombre legate all’archetipo di Apollo comprendono tratti come vanità, narcisismo, difficoltà nell’accesso alle emozioni e un certo distacco nelle relazioni. Tra le problematiche più comuni emergono la distanza emotiva, le complicazioni nella comunicazione, nell’intimità e nell’empatia. Dedicare la tua esistenza esclusivamente al servizio di questo archetipo potrebbe ridurre la tua vita a una splendida ma vuota cornice, simile a una bara decorata nella quale rischi di perdere l’essenza della tua anima. Per progredire e trovare un equilibrio, è fondamentale accogliere la tua umanità nella sua totalità, integrando sia gli aspetti luminosi sia quelli più ombrosi. È necessario esplorare la propria interiorità senza timore, affrontando emozioni e istinti, compresi quelli meno gratificanti. Solo in questo modo potrai scoprire che ogni parte di te è degna di essere accolta, contribuendo così alla tua evoluzione come persona completa, autentica e appagata. Un passaggio cruciale consiste nel lasciar andare la vanità e il bisogno di sentirsi speciale o superiore. Abbracciando l’umiltà e accettando ciò che sei realmente, insieme alla realtà degli altri, potrai raggiungere una maggiore pienezza, instaurare relazioni più profonde e trovare il tuo posto nella collettività. In questo percorso, gli archetipi di Dioniso e Afrodite possono essere preziosi alleati: Dioniso ti invita a riscoprire il corpo, i sensi e il piacere, mentre Afrodite ti guida verso una più intima connessione con le emozioni, la sensualità e l’amore.
La distopia e la cacotopia.
La distopia è un fenomeno sociale più esteso di quanto si possa pensare.
Il bombardamento mediatico sul surriscaldamento terrestre, l’inquinamento, i cibi nocivi, le possibili pandemie, le guerre ecc. ha creato una mentalità apocalittica non da poco. L’esempio più vistoso è che pur riconoscendo le migliorie ecologiche delle auto elettriche si è così catastrofisti da non credere che possano risolvere il problema ambientale, una disillusione che unita agli alti prezzi di listino delle auto ha creato la crisi dell’indistria automobilistica.
Chi più chi meno e anche inconsapevolmente siamo preda della paura che spesso si evidenzia in maniera subdola, costante che accompagna la vita di tutti, origine di tanti problemi sociali incentrati, soprattutto, sulla paura del mondo esterno.
Da qui l’allegorica rappresentazione de I poeti dell’apocalisse e de Il castigo finale, la cacotopia dell’essere, la visione pessimistica estrema , negativa di tutto, fino alla catastrofe finale.
Giovanni Lauricella