
Immergersi nella lettura delle poesie della silloge Nella Bolla di Luciana Raggi, pubblicata da Ensemble, equivale a introdursi in un universo inaspettatamente nuovo, un mondo in cui ogni elemento necessita di essere ripensato e nulla può essere considerato scontato.
Sin dal primo approccio al testo, il lettore percepisce chiaramente di trovarsi di fronte a qualcosa di profondamente distante dai canoni convenzionali.
Già dalla prima riga, la scelta di non utilizzare punteggiatura si manifesta come una dichiarazione esplicita: un segnale dell’anticonformismo che permea il progetto poetico. Questa poesia non si piega alle regole prestabilite, esula dai modelli consueti e sfida i confini del tradizionale significato delle parole. L’aspetto visivo della scrittura, caratterizzato da un’impaginazione insolita e originale, instilla immediatamente interrogativi: cosa rappresentano queste parole disposte in maniera tanto inconsueta?
Da quel momento in poi, se il lettore accetta la sfida e prosegue nella lettura, si apre un percorso simile a una scoperta sensoriale: un viaggio dentro la “bolla” evocata da Luciana Raggi. L’esperienza narrativa risulta difficilmente descrivibile, poiché la sua unicità rischia di sottrarsi a qualsiasi tentativo di traduzione verbale.
L’autrice costruisce un’opera che si distingue per l’estrema particolarità della sua struttura, concepita secondo un criterio del tutto personale e inedito.
Prima di entrare nel cuore del volume, dedicato alle composizioni poetiche, le pagine iniziali offrono una dedica che assume le sembianze di quasi un monito rivolto ai lettori. Il riferimento al <<Savoir-vivre cosmico>> di Wislawa Szymborska appare simile a un invito a concedere all’autrice piena libertà creativa.
Raggi sembra dichiarare la propria volontà di sottrarsi agli schemi predefiniti e ai giudizi precostituiti per perseguire un’espressione autenticamente fluida e priva di ostacoli interpretativi. La sua aspirazione è quella di trascinare il lettore dentro un processo simile a un tuffo condiviso nella genuina libertà del pensiero.
La prefazione di Michela Zanarella contribuisce ulteriormente a delineare questa atmosfera poetica.
La frase “le parole prendono il volo” racchiude il senso profondo dei componimenti, che si susseguono con una delicata alternanza di fragilità e leggerezza.
I versi sembrano librarsi nello spazio, costruendo un percorso che privilegia l’autenticità e il movimento continuo delle emozioni evocate.
Non si cela, è autentica. La prima poesia potrebbe essere considerata un prologo, una sorta di manifesto degli intenti o una dichiarazione di pensiero. Luciana Raggi chiarisce subito che in questo contesto non esistono canoni definiti.
sono una scrittura senza punteggiatura
sono senza regole
non ho pause fra le parole
così si perdono e assieme son sole …
Le parole che compongono la poesia assumono un ruolo cruciale, quasi fossero tessere di un mosaico linguistico ricco di significati, similari a un verso polifonico. Comprendere questa premessa costituisce il primo passo per accostarsi alla complessa interpretazione di Nella Bolla. Tuttavia, se già le prime impressioni su Luciana Raggi vi sembrano singolari, l’invito è ad attendere e proseguire; l’ingresso definitivo nella ‘bolla’ avviene a partire dalla pagina 27, dove si legge la suggestiva descrizione: fantasmagoria di una bolla di sapone. Da questo momento, la tensione poetica raggiunge il suo apice. Il lettore viene trascinato in una danza verbale, un vortice di parole che lo trasporta in luoghi altri, uno spazio mentale sospeso tra realtà e immaginazione. È una coreografia letteraria che esige preparazione e lucidità. Un perpetuo tourbillon, movimentato e vertiginoso, che avvolge la mente e il cuore del lettore come in un’esperienza sensoriale fuori dal comune.
…sotto le ciglia
scorrono i pensieri
li sento lavorare …
….dal passato al trapassato
con un flashback un po’ inventato
mi rivedo a giocare felice bambina …
…manipolare il ricordo non mi è bastato
incalzano nuovi bisogni
serve un nuovo salto fra i sogni …
…non c’è poesia nella noia
del fare e ri-fare
c’è un tutto vuoto che è niente
bello sarebbe un tutto mischiato
e ribellarsi al ri-ordinato …
… trentatré incertezze
e poi? ???
non so se domani ti ricorderai di me
non so come definire la poesia
non so se preoccuparmi di sistemare la mia scrivania
non so se dar voce ai versi in passato scartati
non so se sia meglio vivere in città o in campagna
non so se la vita sia un insensato vagare verso una fine certa
non so se quel dio si sia addormentato o sia troppo occupato
non so perché nel 2025 tante persone debbano morire di fame
non so se è meglio vivere le storie della realtà o quelle dei libri
non so se smaltire il presente nell’indifferenziata
non so se sono in una bolla …..
Nel confronto con la scrittura intensa e sperimentale di Luciana Raggi, ho scelto di aggiungere provocatoriamente un ulteriore livello, estrapolando alcuni versi per mettere alla prova il lettore di Nella Bolla. L’intento è quello di far percepire la natura di un viaggio libero, dove l’assenza di gravità spalanca possibilità infinite e, allo stesso tempo, provoca un senso di smarrimento tra vertigini e riflessioni. Un’opera da leggere e rileggere, non solo per approfondirne i significati più nascosti e le emozioni più intime, ma anche come spunto di studio per scoprire nuove vie di espressione.
Giovanni Lauricella
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