La mostra che non c’è …

Una mostra che non esiste ma che c’è, dove? In nessuna parte, non c’è.

Se si vogliono considerare le più straordinarie idee del concettuale sicuramente Alighiero Boetti è l’esponente di riferimento. Le sue speculazioni su insospettate circostanze inusuali che abbiamo intorno vengono decifrate e riproposte con la sua acuta interpretazione in maniera tale da renderle opera d’arte.

Dove risiedono le capacità esegetiche di una mente del genere viene da chiederselo perchè riesce sempre a sorpredere tutti anche i consumati esperti delle sue trovate artistiche.

Un vero e proprio guru dell’arte che ha continuato per anni a far credere ai suoi seguaci sortilegi che di volta in volta hanno sorpreso i più smaliziati critici.

Non se ne parla al passato come si dovrebbe per un artista ormai scomparso da anni e nemmeno nella giusta maniera perché per artificio si farà diventare autore di una mostra che non c’è. Infatti si parlerà di una mostra inesistente, qualcosa d’inventato che risiede nella mente dell’immaginario collettivo di alcuni personaggi dell’arte; si, una mostra che non c’è.

Si vuole superare il suo acume con qualcosa che è a lui proprio e traslarlo altrove, in un atro pianeta, non artistico ma sempre del mondo dell’arte, quello in cui versa l’angosciante situazione culturale.

Non ci stanno pretese di rifare la storia dell’arte reputando quel genere peggiore o migliore che sia ma di come i media e certi influenti personaggi affrontano alcuni eventi.

Tra tutti vi avrà sorpreso il rumore sui media della prossima mostra sul Futurismo allo GNAM Il Tempo del Futurismo . Si dovrà aspettare il 2 dicembre per vederla ma già ci ha nauseato come se l’avessimo vista troppe volte. Un malore che forse solo un diabolico Boetti avrebbe potuto fare, anche se sappiamo che non era dedito a queste diavolerie che a sua insaputa gli stiamo affibbiando, poveretto. Potete leggere del fenomeno che si è venuto a creare su Dagospia o in uno stravagante articolo su Agenzia Radicale volutamente provocatorio dove si potrebbe trovare il senso di questo paradosso mediatico.

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